Cassazione Civile– I profili di colpa a carico del chirurgo e dell’anestesista

La Corte di Cassazione ha affermato che in ogni caso, anestesista e chirurgo, pur avendo competenze distinte, operano comunque congiuntamente, e ciascuno con la propria condotta concorre alla realizzazione del risultato sperato. Ciò vuol dire che ciascuno dei due è tenuto, verso il paziente, non solo ad osservare con diligenza le regole tecniche della propria disciplina, ma anche a verificare la condotta dell’altro, nei limiti in cui ciò sia concretamente esigibile in virtù delle sue competenze, ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2.

FATTO E DIRITTO: Il (OMISSIS) V.L. si sottopose ad un intervento di rimozione di ernia ombelicale e conseguente addominoplastica. L’intervento venne eseguito dal Dott. F.F. all’interno del presidio ospedaliere di (OMISSIS), gestito dalla Unità Sanitaria Locale USL n. (OMISSIS) della Campania. Il (OMISSIS) la paziente morì per collasso cardiocircolatorio. La Corte d’Appello ha ravvisato la colpa del sanitario convenuto in una imprudenza: avere cioè deciso di eseguire l’intervento nonostante le condizioni cliniche della paziente non solo lo sconsigliassero, ma anzi lo rendessero altamente rischioso. Ha soggiunto che l’intervento in questione era “assolutamente privo” del carattere d’urgenza, che le sue conseguenze erano “prevedibili ex ante”, e che l’ospedale dove venne eseguito era privo del reparto di rianimazione. La Corte di Cassazione ha rilevato che i profili di colpa che la Corte d’Appello ha ravvisato a carico del chirurgo sono consistiti nella violazione di precetti di diligenza esigibili dal chirurgo, non dall’anestesista: non saper valutare la compatibilità dell’intervento con le condizioni di salute del paziente, e scegliere di eseguire un intervento rischioso in un ospedale privo di reparto rianimazione. La seconda ragione è che, in ogni caso, anestesista e chirurgo, pur avendo competenze distinte, operano comunque congiuntamente, e ciascuno con la propria condotta concorre alla realizzazione del risultato sperato. Ciò vuol dire che ciascuno dei due è tenuto, verso il paziente, non solo ad osservare con diligenza le regole tecniche della propria disciplina, ma anche a verificare la condotta dell’altro, nei limiti in cui ciò sia concretamente esigibile in virtù delle sue competenze, ai sensi dell’art. 1176 c.c. , comma 2. Sulla base di questo principio, questa Corte ha già affermato che il medico chirurgo è titolare di un’ampia posizione di garanzia nei confronti del paziente, in virtù della quale egli “è tenuto a concordare con l’anestesista il percorso anestesiologico da seguire – avute presenti anche le condizioni di salute del paziente e le possibili implicazioni operatorie legate ad esse – nonché a vigilare sulla presenza in sala operatoria del medesimo anestesista, deputato al controllo dei parametri vitali del paziente per tutta la durata dell’operazione”.